chica Mer Gen 21, 2009 8:24 pm
GUANTANAMO, OBAMA CHIEDE STOP PROCESSI PER QUATTRO MESI
WASHINGTON - Il presidente Barack Obama ha fatto a quattro leader del Medio Oriente le sue prime telefonate dall'Ufficio Ovale chiamando il palestinese Abu Mazen, il premier israeliano Ehud Olmert, il presidente egiziano Hosni Mubarak, il sovrano giordano Abdallah II. Il presidente Obama aveva detto più volte, nelle ultime settimane, che intendeva fare della ricerca della pace in Medio Oriente una delle priorità della sua amministrazione. Il nuovo presidente ha voluto lanciare un messaggio dedicando le sue prime telefonate agli esponenti del Medio Oriente più direttamente coinvolti nel problema israelo-palestinese. Barack Obama sta esaminando anche la nomina di un inviato speciale per il Medio Oriente, con l'ex-senatore George Mitchell favorito. L'ex-presidente George W. Bush era stato criticato per avere dedicato piena attenzione alla questione della pace in Medio Oriente solo nella fase finale del suo mandato.
Oggi sarà una giornata di intensa attività per il presidente Obama che, nel suo primo giorno alla Casa Bianca, incontrerà i suoi consiglieri economici e il suo staff militare. Obama vedrà tra gli altri il ministro della difesa Robert Gates, il capo di stato maggiore ammiraglio Mike Mullen e il generale David Petraeus responsabile dell'area del Medio Oriente. Parteciperanno alla riunione, in videoconferenza, i comandanti delle truppe Usa in Iraq, generale Ray Odierno, e delle forze Usa in Afghanistan, generale David McKiernan. Obama, che ha promesso di partire in quarta, potrebbe firmare anche alcuni ordini esecutivi su questioni importanti, come la chiusura della controversa prigione di Guantanamo. Il presidente Obama inizierà la giornata con una cerimonia di preghiera alla National Cathedral di Washington con esponenti di numerose fedi religiose.
PRIMO ATTO, GIORNO RICONCILIAZIONE
Il primo atto ufficiale di governo di Barack Obama è stata la firma su un documento cerimoniale, ma dal valore simbolico: un proclama che stabilisce che la giornata odierna, 20 gennaio, venga considerata 'Giornata Nazionale del rinnovamento e della riconciliazione'. Il proclama, informa il blog presidenziale sul sito web della Casa Bianca, è stato firmato dal presidente Obama pochi minuti dopo il giuramento in Campidoglio. "La nostra Nazione è provata e il nostro popolo vive una grande incertezza - afferma il proclama - ma la storia dell' America è la storia di rinnovamento di fronte all'avversità e riconciliazione in un tempo di discordia, e sappiamo che c'é uno scopo per tutto sotto i cieli". Dicendosi "rinnovato dal coraggio del popolo americano e fortificato dalla mia fede in un Dio grandioso", Obama ha proclamato la riconciliazione e invitato i cittadini americani a dedicarsi al servizio agli altri.
USA HA NUOVO PRESIDENTE, MONDO NUOVO LEADER
(di Giampiero Gramaglia)
Gli Stati Uniti hanno un nuovo presidente e il Mondo ha un nuovo leader: nel discorso d'insediamento, Barack Obama chiama l'America "a una nuova era di responsabilità" che poggi su valori antichi, come la speranza e la virtù, e trasforma la promessa del cambiamento della campagna elettorale nell'affermazione "il mondo è cambiato, noi dobbiamo cambiare". Il nuovo presidente, giovane, nero, figlio di un immigrato, interprete del sogno di ogni americano e di quello del profeta dell'integrazione razziale Martin Luther King, dichiara l'America "di nuovo pronta a guidare il Mondo" ed afferma: "Io sono qui perché" la più antica democrazia dei tempi moderni ha saputo fare prevalere "la speranza sulla paura". Quello pronunciato subito dopo avere giurato e avere invocato l'aiuto di Dio è un discorso conciso, scandito, concreto, che non ha l'oratoria evocatrice di quello di Denver, quando Obama accettò la nomination democratica alla Casa Bianca. Qui, c'é la compostezza e la fermezza di un leader che ha ormai assunto le sue funzioni e che non formula promesse, ma prende impegni e antepone il pragmatismo all'ideologia: "Non importa se il governo è grande o piccolo, importa che funzioni".
E' un messaggio ai suoi concittadini, che con lui devono "mettersi al lavoro per rifare l'America", e ai cittadini del Mondo: il presidente tende la mano ai musulmani e ai partner degli Stati Uniti "perché chi vuole la pace è amico degli Usa". Ma Obama non ha i toni e non veste i panni del pacifista: ai nemici, ai terroristi, dice "Vi sconfiggeremo". Non mancano elementi di critica all'Amministrazione uscente, come quando il presidente denuncia come "falsa" la scelta tra la tutela della sicurezza del Paese, cioé la lotta al terrorismo, e il rispetto degli ideali e dei principi americani e dei diritti umani. E vi sono elementi di orgoglio, coma quando Obama ricorda il cammino percorso dagli afro-americani dalla segregazione di meno di 60 anni or sono alla sua elezione, lui primo nero alla Casa Bianca. Ma su tutto prevalgono la fiducia e la speranza e il senso dell'unità della Nazione: doti essenziali per un cammino che comincia nel buio e nella tempesta della recessione economica e che deve condurre a superare la crisi, a esorcizzare "lo spettro ambientale" e ad affermare i valori dell'uomo.
Obama è l'immagine di una Nazione ancora giovane, ma ormai capace di tradurre in pratica il verbo di Dio, e dei Padri fondatori, che tutti gli uomini nascono uguali, sono liberi e possono perseguire la felicità. Impossibile leggere, nel primo atto della presidenza Obama, percorsi di politica estera, perché non vi sono citazioni di Paesi, di alleanze, di organizzazioni, tranne l'apertura con monito al mondo dell'Islam ("i vostri popoli vi giudicheranno per quello che costruite, non per quello che distruggete") e un riferimento a Iraq e Afghanistan, le guerre da chiudere. Chi s'aspettava nel discorso citazioni o accenti di Lincoln, di Roosevelt, di Kennedy, forse di Reagan, certo di Clinton, resta deluso: Obama cita solo Washington, il primo presidente, in un quadretto da scuola media. Ma i due milioni e passa di persone sul mall di Washington, le centinaia di milioni in tv in America e nel Mondo sono lì non per un clone dei presidenti del passato, ma per la speranza e l'attesa che il nuovo presidente ispira. Buon Lavoro, presidente Obama!