LA STORIA DELLE MASCHERE
Forse sono esistite da sempre. Le portavano gli uomini delle caverne quando si dedicavano ai loro strani riti magici.
Ci sono due tipi di maschere: quelle facciali che nascondono il volto e quelle a elmo che nascondono completamente la testa. C’e’ stato un momento in cui la maschera la portavano tutti.
La maschera nel 1800 la si usava nei balli e nei festeggiamenti di carnevale. Cinquecento anni fa gli attori della commedia dell’ arte crearono le maschere personaggio, dal servo sciocco e dall’ intrigante nacquero maschere come Arlecchino e Brighella.
In teatro mantennero a lungo questa caratteristica, finche’ il declino della Commedia dell’ Arte li allontano’ pian piano dai palcoscenici per limitare la loro presenza nei teatri dei burattini e nelle sfilate di carnevale.
LA C A R T A P E S T A
Nonostante le pluricentenarie origini di alcuni carnevali italiani, il primo carro allegorico viene costruito a Viareggio nel 1873. Questo carro era realizzato da addetti del porto che, ispirandosi alle tecniche di costruzione delle navi, riuscirono ad erigere strutture con corde, cavi d’acciaio e paranchi usati nei cantieri. Queste prime opere avevano dei mascheroni realizzati in gesso e pesavano, quindi, anche parecchi quintali. Nel 1921 un carro ospitò, per la prima volta, una intera orchestra. La cosa ebbe così successo che nel 1923 alcuni carristi pensarono di far “ballare” anche i pupi, realizzando, così, i primi movimenti.
La nascita della moderna “cartapesta” (in realtà carta da calco) e’ però dovuta al Maestro Antonio D’Ariano (1925) che pensò ad un nuovo sistema: ricoprire la creta con il gesso, in modo da ottenere uno stampo al negativo della figura originale, e poi mettere vari strati di carta all’interno di un modello di gesso. Una volta asciugata, la sagoma in carta si staccava dal gesso senza problemi e, identica all’originale, pesava qualche chilo invece di quintali. Grazie a questa invenzione si possono costruire carri immensi che sfiorano le leggi della gravità.
P U L C I N E L L A
Figura buffa e goffa; un gran naso, mascherina nera, gobba, cappello a punta, camiciotto e pantaloni bianchi. E’ una delle maschere italiane più popolari. Probabilmente originaria di Napoli: anche il suo nome sembra che derivi dal napoletano “polene” (pulce). E’ una figura essenzialmente popolare. Impertinente, pazzerello, chiacchierone, e’ la personificazione del dolce far niente. Le sue più grandi aspirazioni sono il mangiare e il bere. Pur essendo spesso fatto oggetto di pesanti bastonate, egli riesce simpatico anche ai potenti che prende in giro e inganna con amabile furbizia. Pulcinella e’ una maschera di Napoli, forse il suo nome proviene da “Pulcinello”, cioe’ “piccolo pulcino”. Pulcinella porta il cappello a pan di zucchero, una maschera nera con il naso adunco, cioè grosso e curvo; poi indossa un camiciotto e i calzoni molto larghi e bianchi. Porta con sè un mandolino, sa cantare dolcemente. Le sue scarpe sono nere e lunghe con dei calzini rosa scuro. Ha l’abitudine di ubriacarsi e di mangiare in abbondanza; e’ un bastonatore, cioè picchia con il suo bastone. E’ anche buono, ma egoista, ovvero pensa solo per sè.
A R L E C C H I N O
Il nome deriverebbe dal francese antico Hellequin, diavolo buffo delle leggende medievali. Nel XVI secolo Arlecchino divenne la maschera piu’ popolare del Teatro dell’Arte italiano; all’abito multicolore aggiunse una maschera nera sul viso, un cappello bianco, una borsa di cuoio legata alla cintura e una spatola di legno (batocio). Agli inizi personificava il servo lazzarone e truffaldino, mezzano e cinico. In seguito, soprattutto con Carlo Goldoni, si trasformo’ nel popolano malizioso ma in fondo onesto e sensato. Compagna di Arlecchino e’ Colombina
Forse sono esistite da sempre. Le portavano gli uomini delle caverne quando si dedicavano ai loro strani riti magici.
Ci sono due tipi di maschere: quelle facciali che nascondono il volto e quelle a elmo che nascondono completamente la testa. C’e’ stato un momento in cui la maschera la portavano tutti.
La maschera nel 1800 la si usava nei balli e nei festeggiamenti di carnevale. Cinquecento anni fa gli attori della commedia dell’ arte crearono le maschere personaggio, dal servo sciocco e dall’ intrigante nacquero maschere come Arlecchino e Brighella.
In teatro mantennero a lungo questa caratteristica, finche’ il declino della Commedia dell’ Arte li allontano’ pian piano dai palcoscenici per limitare la loro presenza nei teatri dei burattini e nelle sfilate di carnevale.
LA C A R T A P E S T A
Nonostante le pluricentenarie origini di alcuni carnevali italiani, il primo carro allegorico viene costruito a Viareggio nel 1873. Questo carro era realizzato da addetti del porto che, ispirandosi alle tecniche di costruzione delle navi, riuscirono ad erigere strutture con corde, cavi d’acciaio e paranchi usati nei cantieri. Queste prime opere avevano dei mascheroni realizzati in gesso e pesavano, quindi, anche parecchi quintali. Nel 1921 un carro ospitò, per la prima volta, una intera orchestra. La cosa ebbe così successo che nel 1923 alcuni carristi pensarono di far “ballare” anche i pupi, realizzando, così, i primi movimenti.
La nascita della moderna “cartapesta” (in realtà carta da calco) e’ però dovuta al Maestro Antonio D’Ariano (1925) che pensò ad un nuovo sistema: ricoprire la creta con il gesso, in modo da ottenere uno stampo al negativo della figura originale, e poi mettere vari strati di carta all’interno di un modello di gesso. Una volta asciugata, la sagoma in carta si staccava dal gesso senza problemi e, identica all’originale, pesava qualche chilo invece di quintali. Grazie a questa invenzione si possono costruire carri immensi che sfiorano le leggi della gravità.
P U L C I N E L L A
Figura buffa e goffa; un gran naso, mascherina nera, gobba, cappello a punta, camiciotto e pantaloni bianchi. E’ una delle maschere italiane più popolari. Probabilmente originaria di Napoli: anche il suo nome sembra che derivi dal napoletano “polene” (pulce). E’ una figura essenzialmente popolare. Impertinente, pazzerello, chiacchierone, e’ la personificazione del dolce far niente. Le sue più grandi aspirazioni sono il mangiare e il bere. Pur essendo spesso fatto oggetto di pesanti bastonate, egli riesce simpatico anche ai potenti che prende in giro e inganna con amabile furbizia. Pulcinella e’ una maschera di Napoli, forse il suo nome proviene da “Pulcinello”, cioe’ “piccolo pulcino”. Pulcinella porta il cappello a pan di zucchero, una maschera nera con il naso adunco, cioè grosso e curvo; poi indossa un camiciotto e i calzoni molto larghi e bianchi. Porta con sè un mandolino, sa cantare dolcemente. Le sue scarpe sono nere e lunghe con dei calzini rosa scuro. Ha l’abitudine di ubriacarsi e di mangiare in abbondanza; e’ un bastonatore, cioè picchia con il suo bastone. E’ anche buono, ma egoista, ovvero pensa solo per sè.
A R L E C C H I N O
Il nome deriverebbe dal francese antico Hellequin, diavolo buffo delle leggende medievali. Nel XVI secolo Arlecchino divenne la maschera piu’ popolare del Teatro dell’Arte italiano; all’abito multicolore aggiunse una maschera nera sul viso, un cappello bianco, una borsa di cuoio legata alla cintura e una spatola di legno (batocio). Agli inizi personificava il servo lazzarone e truffaldino, mezzano e cinico. In seguito, soprattutto con Carlo Goldoni, si trasformo’ nel popolano malizioso ma in fondo onesto e sensato. Compagna di Arlecchino e’ Colombina